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Frittole

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Piatto tipico della gastronomia calabrese, le frittole sono preparate con le parti meno nobili del maiale come orecchie, zampe, rognoni, lingua, coda, bollite nel grasso che ne insaporisce il gusto. Questa ricetta ha origini nell’antica cucina calabrese che vuole, che del maiale non si butti via niente.
Si tratta di una tradizione che dura da secoli. Nell’economia familiare, il maiale ha avuto sempre un’importante valore, in quanto consentiva di superare quei difficili momenti dell’anno per la mancanza di cibo. Il giorno della macellazione del maiale, di norma si faceva una festa in cui si consumavano le frittole, lasciando le parti più nobili per la conservazione, come le salsicce (u satizzu), le soppressate (i suppizzati), i capicolli, le pancette, il lardo, i salami.
Le frittole vengono consumate a partire dalla festa della Madonna della Consolazione, patrona della città, a settembre: le strade sono avvolte dal profumo proveniente dalle caddare, creando il pittoresco e caratteristico ambiente di “festa i Maronna” e più in generale durante le festività di Natale e Carnevale.

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Le frittole dunque sono la parte meno nobile del maiale come lingua, muso, orecchie, gamboni, pancia, coda, rognoni e la cotenna (scorcitta) che vengono versati in un grande pentolone di stagno denominato “caddara”. Per la cottura viene sistemato questo enorme recipiente di rame stagnato, su un sostegno di ferro per non essere a diretto contatto col fuoco alimentato a legna (grossi ceppi considerato il tempo di cottura) cercando di mantenere il calore del fuoco il più uniforme possibile.

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Il procedimento di cottura è molto laborioso, cuocere le frittole è un compito non semplice e faticoso, che richiede esperienza e attenzione, e viene svolto dal “frittularu”.
Occorrono circa 7/8 ore per la cottura mescolando di frequente solo con attrezzi di legno e aggiungendo di tanto in tanto il sale. A fuoco lentissimo, il grasso si scioglie all’interno facendo impregnare la carne con il suo sapore rendendola molto tenera.
Le frittole devono stufare nel loro stesso grasso, non devono mai raggiungere la completa ebollizione, devono sobbollire come fosse un ragù.
Questa metodica di cottura è estremamente importante, determina infatti il classico sapore delle frittole, ed i palati più abituati distinguono questo piatto, dall’analogo preparato in altre zone, ma con un’aggiunta di acqua decisamente più importante di un solo bicchiere.
Cuocere le frittole, compito del ”frittularu”, come detto, non è cosa semplice, è un’operazione complessa e faticosa che richiede esperienza ed attenzione, basta poco, infatti, ad inficiare la riuscita di questo piatto: se qualche pezzo di carne dovesse attaccarsi alle pareti della caldaia rovinerebbe il sapore e comprometterebbe così l’intera preparazione. Un altro problema potrebbe essere un calore non uniforme o, peggio, insufficiente. Quindi le accortezze fondamentali da usare sono due: bisogna mescolare con delicatezza continuamente, e nel frattempo bisogna far sì che la fiamma non si affievolisca, ravvivando di tanto in tanto la brace.
Il sale si aggiunge solo a cottura ultimata, circa 25 grammi ogni chilo, così recita la tradizione.

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Per questo evento si invitano parenti ed amici. Le frittole, servite calde e fumanti, vengono accompagnate da antipasti caserecci, frutta secca e con l’immancabile insalata di agrumi (limoni, arance, bergamotti), frutta fresca e dolci, a fine pasto.
A questo sostanzioso banchetto non deve mancare il vino rosso a fiumi e un bicchierino di grappa.
C’è da dire, infine, che ormai si è diffusa da parecchio tempo l’abitudine di fare le frittole non solo con gli scarti del maiale, ma anche con tagli più nobili. I palati di oggi preferiscono probabilmente la versione più ricca di questo piatto.

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Ingredienti:
orecchie – zampe – muso
rognoni – cuore -lingua
coda – stomaco – parte inferiore delle cosce
cotenne – coste – ossa
25 gr di sale per ogni kg di carne
pepe nero – insalata di agrumi

Preparazione:
Per prima cosa bisogna tritare il grasso del maiale e metterlo in un calderone di rame stagnato, detto caddara, posto sulle braci, farlo sciogliere lentamente mescolando con un lungo cucchiaio di legno. Sciogliete il sale in un po’ d’acqua tiepida, e versatelo quando il grasso sarà sciolto. A questo punto iniziate ad aggiungere le varie parti: orecchie, zampe, muso, rognoni, cuore, lingua, coda, stomaco e la parte inferiore delle cosce, i cosiddetti gamboni o stinchi, quindi fate bollire per circa 4 ore; dopodichè si aggiungono le cotenne e si continua la cottura per altre due ore, mescolando di tanto in tanto.
Infine, trascorse le due ore, si aggiungono le ossa, si porta a termine la cottura facendo bollire per altre due ore circa.
Dopo una cottura di circa otto ore, le frittole saranno pronte da gustare accompagnate
da un buon vino rosso e un’insalata di agrumi (limoni, arance, bergamotti) per finire.

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Una volta esaurito il contenuto della cottura, tutto quello che rimane sul fondo del calderone, rimasugli e sugna, si solidifica e prende il nome di curcùci, che, grazie alla lunga conservazione sotto lo strato di sugna, possono essere consumati successivamente in diversi modi, per lo più con le uova fritte, i fagioli, per la “pulenta i brocculi e curcuci”, con la sola polenta o, semplicemente gustati col pane caldo.

curcuci

 

nota: credits ntacalabria.it

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